In occasione del cinquantesimo anniversario del Teatro Povero di Monticchiello si tiene, a partire da oggi, per tre giorni, un interessante convegno di studi dal titolo “La scena e la piazza”. La discussione, a leggere il programma, non sarà solo di carattere culturale, riguarderà progetti sociali, piani amministrativi, modelli di sviluppo. Emblematico il tema di apertura del convegno: ”Comunità resistenti: la progettualità culturale come strategia di resistenza alla marginalità”. Bene, avremo modo di sentire e approfondire. Monticchiello vive da cinque decenni, caso unico in Italia, un’esperienza teatrale popolare che coinvolge a vario titolo l’intero borgo. Un borgo fino ad ieri lontano dagli aspetti più deteriori della modernizzazione. Oggi non è più così. La profondità dei cambiamenti, il dominio incontrastato della politica economica dell’incertezza, della precarietà, del lavoro intermittente intacca anche il quieto vivere di realtà che fino ad ieri sembravano in qualche modo al riparo da molti aspetti di vulnerabilità sociale. La modernità liquida, per certi aspetti, ha lo stesso impatto violento di un terremoto: agisce per dissolvere tutto ciò che è stabile, solido. Fa a pezzi le reti di solidarietà, i legami sociali, distrugge i territori. Da qui un senso diffuso di insicurezza, persino di paura – di una paura che stringe d’assedio – un sentimento che è stato oggetto di discussione e rappresentazione teatrale negli ultimi anni. Come ha scritto Zygmunt Bauman siamo sempre più “costretti a trattare il futuro come una minaccia e non come un rifugio o una terra promessa”. Come se ne esce? Non certo con una battaglia difensiva e di nostalgia rivolta per lo più al tempo passato. La difesa delle radici e della memoria non può che andare di pari passo ad una battaglia di cambiamento contro la cappa di un modello di società finalizzato al profitto privato e al consumo. Il futuro del Teatro Povero di Monticchiello, così come di altre esperienze culturali e sociali, dipende da questa capacità di resistere ad una modernità disgregatrice e del riflusso che toglie dignità alle persone, di ricreare una spinta dal basso, di combattere il conformismo e l’asservimento politico culturale di chi ha abbandonato da tempo qualsiasi idea di cambiamento.
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