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Spoleto 4, 5, 6 Maggio 2018 – Ridefinizione e rilancio della capacità organizzativa e dell’iniziativa politica di Rifondazione Comunista

29 Mag

tessera2018smallIntervento di Ezio Locatelli

Quelli che mi hanno preceduto, in tema di partito, di movimenti reali, sono stati interventi alquanto approfonditi e interessanti. Ora, memori di Marx quando diceva che “non basta interpretare il mondo, bisogna trasformarlo”, credo sia importante che la riflessione sia strettamente intrecciata alle questioni più propriamente pratiche, quelle che più attengono all’organizzazione delle nostre forze. Questioni che vanno affrontate, a mio avviso, avendo chiari due punti preliminari. Mi scuso se sconfino in argomenti già toccati, ma c’è un rapporto di coerenza, un intreccio di pensiero, di compiti di cui tener conto. Primo punto: considero il partito una forma di organizzazione ancora attuale. Il partito nei termini di un’organizzazione permanente di uomini e donne che scelgono di uscire dalla loro solitudine, associandosi. Il partito come arma dei deboli nella lotta contro i forti. Attualissimo Gramsci quando scrive del “dovere dell’organizzazione” e della propaganda di questo dovere come “il discriminante tra marxisti e non marxisti”. Secondo punto riallacciandomi anche in questo ad alcune cose già dette. Noi non stiamo vivendo una fase in cui prevalga l’acquiescenza, stiamo vivendo una fase in subbuglio. Una fase in cui non c’è posto per un partito statico, per gli atteggiamenti consuetudinari. Il partito di cui abbiamo bisogno è un partito in movimento che si confronta con le condizioni date della lotta politica, un partito capace non solo di memoria ma di reinventarsi, di progettare la trasformazione.

Io penso che questi due punti siano fondanti del lavoro che dobbiamo fare circa l’adeguamento della nostra soggettività. Un lavoro non semplice. Penso alla realtà che abbiamo di fronte. Una realtà ancora viva ma scomposta nei suoi aggregati fondamentali, una realtà depoliticizzata che ha grandemente introiettato il rovesciamento del conflitto di classe. Una realtà che deve fare i conti con il disconoscimento, proprio della fase del finanzcapitalismo, di qualsiasi pratica democratica e di rappresentanza delle classi subalterne.

Abbiamo oggi la possibilità di invertire queste tendenze, di andare oltre un impegno di resistenza? Io penso di sì se si guarda al neoliberismo come esperimento fallito, alla voglia di cambiamento radicale che c’è. Certo, non ci sono sbocchi predeterminati, ci sono sbocchi tendenzialmente contrapposti in cui, come diceva Caruso, può succedere di tutto. Ma è proprio per questa ragione che il momento attuale è anche un momento di possibilità in cui ricominciare a fare cose positive, costruttive, innovative con una idea della militanza politica da riscoprire nel suo significato originario, come attività costituente, di ricostruzione di movimenti di lotta, di conflitto sociale, di relazioni sociali e non semplicemente come costruzione di rappresentanza. Tanto più nel momento in cui, come sottolineava Ferrero, il piano della rappresentanza è in crisi.

Dicevo del dovere dell’organizzazione. Questo non ci deve portare ad avere una idea totalizzante del partito, una idea che da tempo non è più in grado di rispondere a una molteplicità di istanze partecipative. Proprio per questo penso che insieme al rafforzamento del partito il problema sia di superamento di qualsiasi forma di autoreferenzialità e separatezza. Per farlo bisogna costruire un intorno sociale, culturale, associativo che dia la possibilità di entrare in rapporto con contributi di partecipazione esterna. Da qui la necessità di una riorganizzazione delle nostre sedi. Oltre ad essere sedi di Rifondazione Comunista – e tali devono rimanere a tutti gli effetti – le sedi a nostra disposizione devono diventare luoghi di confronto, di mobilitazione, di sperimentazione. Luoghi in cui stabilire un punto di incontro tra organizzazione e partecipazione. Luoghi in cui possano trovare posto diverse gradazioni di militanza, attività di carattere sociale, culturale, associativo con cui stabilire l’alimentazione di un confronto reciproco. In una parola facciamo che le nostre sedi siano anche Case del Popolo. Su questi temi, in particolare sul tema delle pratiche sociali, la proposta che avanziamo è una tre giorni di discussione per il 6-7-8 luglio a Salerno.

A proposito della necessità di contrastare la dispersione delle forze antiliberiste. Samir Amin, in un saggio di qualche anno fa, scriveva che bisogna cambiare la “maniera di fare politica” in analogia, per certi aspetti, con la linea di condotta adottata ai tempi della Prima Internazionale. Organizzazioni, di natura e statuti differenti, partiti, sindacati, associazioni civili, personalità che proponevano aree d’intervento, analisi, sfide, proposte di strategia assai diverse seppero allora realizzare una convergenza, nel rispetto del principio democratico della diversità. E’ un po’ quello che dobbiamo cercare di fare adesso con “Potere al Popolo” avendo chiaro, una volta per tutte, che il movimento in costruzione per la sua eterogeneità non può in alcun modo essere visto come sostitutivo del ruolo e della funzione che deve continuare a svolgere il Partito della Rifondazione Comunista. Potere al Popolo è complementare al nostro partito. Detto ciò noi oggi abbiamo non pochi problemi nel tenere insieme i due momenti, quello che un tempo avremmo definito il momento dell’autonomia con quello dell’unità. Per riuscirci abbiamo bisogno di una specificazione e di un rialzo della nostra capacità di proposta, di direzione politica.

Questo punto specifico merita molta più attenzione di quanto finora è stato fatto. Gran parte delle nostre difficoltà nascono per un problema di quadri di direzione politica, di ricambio generazionale. Vale quello che diceva a suo tempo Gramsci. Senza nulla togliere all’idea del partito come intellettuale collettivo nelle fasi di crisi e di sopravvivenza politica la tenuta dell’elemento coesivo rappresentato da un gruppo dirigente diventa fattore decisivo. Senza questa tenuta la massa delle iscritte e degli iscritti è destinata a squagliarsi. In ragione di ciò  bisogna evitare di  trattare la formazione politica come una Cenerentola. L’attività di formazione e di rinnovamento di quadri capaci di direzione e iniziativa politica, da qui in avanti, deve diventare un compito di prima grandezza. Più in generale. penso che dobbiamo rivedere in radice il nostro modo di funzionare. Avendo chiaro che non c’è più il partito che vive di riflesso ai processi istituzionali, con le risorse che questi processi in crisi garantivano in termini di visibilità, di finanziamento pubblico. In questa situazione bisogna imparare a camminare con le nostre gambe e a contare sulle nostre forze. Il che ci deve indurre a un agire politico più centrato sulle forme di autorganizzazione, di autofinanziamento, di autoproduzione d’informazione.

In tutto ciò siamo ancora al di sotto delle nostre potenzialità. A cominciare dal numero delle iscritte degli iscritti, questione basilare per un partito che voglia definirsi tale. Abbiamo appena fatto un lavoro di ricognizione sul tesseramento, e non solo, con i segretari provinciali e regionali. Siamo in ritardo. L’impressione è che esistano non pochi margini di recupero di adesioni che sono andate perse per strada non tanto per il venir meno di ragioni politiche ma per noncuranza, ritardi, mancato coinvolgimento. Una questione cui porre rimedio, così come per le carenze in materia d autofinanziamento, a livello di realtà territoriali. E’ importante in questo momento essere tutti impegnati nella piena riuscita della campagna 2Xmille, è importante incrementare le sottoscrizioni Rid, ma il problema è anche di fare in modo che tutte le realtà territoriali si dotino di un piano  di reperimento di risorse che vada dalle feste di partito, alle sottoscrizioni, alle cene di autofinanziamento, all’apertura di centri di assistenza fiscale, ecc. Apro una parentesi non di poco conto: le feste di Rifondazione. Al di là di essere una delle più importanti fonti di autofinanziamento le feste costituiscono anche uno dei più importanti momenti di rapporto di massa che il partito è in grado di mettere in campo. L’obiettivo che dobbiamo porci, anche indicando un responsabile nazionale feste, è di andare ad una generalizzazione ad una qualificazione di questi momenti politici. Là dove non si fanno feste locali si faccia ameno una festa regionale. Anche sul piano della comunicazione vanno fatti passi in avanti, tanto più in considerazione  di uno spezzettamento della nostra presenza a livello territoriale. Non si tratta soltanto di perfezionare l’uso degli strumenti a disposizione o la raccolta, l’aggiornamento, l’informatizzazione degli indirizzari degli iscritti e simpatizzanti, strumenti e indirizzi che andranno al più presto sottoposti alle nuove norme di tutela. Il problema riguarda anche gli strumenti di attivazione e di orientamento politico. Quelli di cui disponiamo sono strumenti primordiali. Tra le altre cose non è pensabile che il nostro partito, al di là di “dire fare Rifondazione” sia l’unico a sinistra a non essere dotato di uno strumento cartaceo. Credo che alla segreteria vada dato mandato di verificare la fattibilità di una pubblicazione che risponda all’esigenza di stabilire un legame tra presenza locale e lavoro nazionale.

Questi alcuni problemi e questioni aperte che non possiamo pensare di affrontare semplicemente sul piano volontaristico. E’ evidente che per recuperare difficoltà, inerzie, occorre fare i conti con un partito che non è più un partito di massa ma che in tutta una serie di situazioni può contare su una presenza rarefatta. Continuare ad avere un assetto organizzativo che ricalca ovunque il modello del partito di massa, strutturato in sezioni, federazioni, regionali con designazione, per ogni ambito, di responsabilità e organismi vari non ci fa fare passi in avanti sul piano dell’efficacia politica. Bisogna cominciare a ragionare e a sperimentare una struttura del partito meno ingessata. Una struttura tesa alla valorizzazione delle assemblee delle iscritte e degli iscritti, alla realizzazione di sinergie tra aree provinciali e in taluni casi anche regionali – vedi il caso della Valle d’Aosta e Piemonte -, alla realizzazione di accorpamenti per aree omogenee ( vedi il caso della Federazione Castelli con Roma), alla regionalizzazione del partito non solo nelle aree più piccole. Regionalizzazione anche come rafforzamento del ruolo di direzione dei regionali. In particolare occorre aprire un ragionamento, come è stato fatto recentemente in occasione dei Congressi regionali in Abruzzo e Sicilia, su forme di sperimentazione – l’organizzazione del partito in strutture e funzioni per macroaree – in grado di segnare e ricostruire una presenza in situazioni mal funzionanti o di presenza venuta meno. In una parola occorre rendere il partito più aderente alle peculiarità e alla presenza reale nei territori. Snellimento e maggiore rispondenza degli organismi dirigenti in non pochi casi sovradimensionati o fermi ad una idea tradizionale della politica. Organismi che devono garantire un più puntuale rapporto con i territori, a tutti i livelli, dalle istanze superiori alle istanze inferiori, in termini di costante flusso di proposte, di interscambio, di verifica del lavoro svolto. Coerentemente a questo processo di riorganizzazione credo che sia opportuno mettere a tema la proposta, in prospettiva, di una revisione /semplificazione dello Statuto del Partito attualmente in vigore.

Non vado oltre. Penso che sia più importante tracciare un indirizzo che fare una lista della spesa. E’ evidente però che, in previsione di un maggiore radicamento del partito nella società, nei luoghi di lavoro, è essenziale dare centralità alle istanze delle lavoratrici e dei lavoratori, delle donne, dei giovani anche attraverso l’indizione di apposite Conferenze.

Diceva Forenza, in apertura a questo nostro Convegno, che il comunismo è rifondazione. Credo che questo sia un concetto importante per definire anche il nostro impegno pratico politico di attualizzazione e di rilancio del partito. Come diceva Gramsci i comunisti non saranno mai conservatori ma lasceranno sempre aperta la porta verso il meglio. Se così deve essere allora da questo incontro non si deve uscire semplicemente con un’esortazione. L’idea da cui muoviamo è quella di un nuovo inizio, della possibilità, che oggi abbiamo, di lavorare a una prospettiva ricostruttiva degli elementi di originalità, di autonomia, di diversità di una forza comunista e insieme ricostruttiva di un movimento antiliberista. Un lavoro che ha bisogno di un investimento di fiducia, di rompere con certi discorsi impregnati di negatività, discorsi che sono in ritardo rispetto a una realtà in ebollizione, discorsi che non individuano i nuovi conflitti e le nuove possibilità di cambiamento. Permettetemi di chiudere con un pensiero dedicato a un compagno scomparso nei giorni scorsi che ha dato molto in termini di impegno pratico politico: il compagno Pierluigi Zuccolo segretario provinciale di Imperia, c o. he tanto avrebbe voluto essere qui con noi a parlare del futuro del nostro partito.

Diamo valore alla nostra soggettività: rilanciamo il tesseramento a Rifondazione Comunista

11 Nov

150702manifestodi Ezio Locatelli*
Quest’anno, con molto anticipo, sono a disposizione le tessere 2016 per le quali abbiamo scelto di dare figurazione ad una delle più dirompenti crisi del nostro tempo, la “crisi dei migranti”: Lo abbiamo fatto nel suo doppio risvolto: da una parte l’immagine di una fuga in massa da guerre, povertà, persecuzioni che in gran parte, come sappiamo, sono fomentate dalle potenze occidentali; dall’altra l’immagine di profughi che camminano sui binari in cerca di strade nuove contro polizie e confini fortificati a ricordarci che la patria degli sfruttati, degli oppressi, dei proletari è il mondo intero.
Ovviamente la messa a disposizione delle nuove tessere non deve frenare ma, al contrario, spingere al completamento del tesseramento 2015 rispetto al quale va segnalato un dato positivo. Per la prima volta, sulla base di elementi di maggiore chiarezza e garanzia, è stato distribuito un numero di tessere maggiore rispetto all’anno precedente previo pagamento della quota di spettanza del nazionale. Questo non significa che non ci siano ritardi da recuperare in diverse federazioni – là dove ci sono ritardi suggeriamo di far coincidere l’iscrizione 2015 a un’anticipazione del rinnovo 2016 – ma certamente un passo in avanti è stato fatto rispetto ad una gestione del tesseramento, in qualche caso, condotta in maniera approssimativa.
L’impegno, adesso, è di fare un altro passo in avanti. Per l’anno prossimo possiamo e dobbiamo puntare a un’inversione di tendenza, ad una crescita degli iscritti e delle iscritte, condizione indispensabile per una maggiore strutturazione della nostra presenza e iniziativa politica. Sappiamo bene di porci un obiettivo tutt’altro che facile dovendo fare i conti con una controrivoluzione che si è data come compito la disgregazione delle classi subalterne e la privazione di una loro autonoma rappresentanza politica. Tuttavia, guardando anche al successo della campagna del 2xmille, nostra convinzione è che ci siano non pochi margini di recupero e di crescita della nostra presenza organizzata, possibilità che  stiamo registrando in diverse realtà – basti solo l’esempio di Enna e Crotone – dove il partito si sta nuovamente insediando dopo essere venuto meno negli anni scorsi.
Ovviamente la crescita del partito necessita di un impegno e di una attenzione maggiore all’organizzazione delle nostre forze. A cominciare dal tesseramento che non va più considerato un impegno minore, un’appendice secondaria del lavoro politico. Per questo è bene che la campagna di iscrizioni 2016 parta per tempo, con un impegno concentrato all’inizio, non alla fine, dell’anno. Oltre a riprendere tutti i contatti in essere, la raccolta di adesioni, questa volta, va strettamente legata a un’iniziativa politica esterna. Torniamo a parlare fuori di noi. In questo la campagna “i soldi ci sono” – una campagna di controinformazione contro i luoghi comuni e le falsificazioni sulla crisi e le politiche di austerità – può e deve costituire per i prossimi mesi uno strumento di ricostruzione di un tessuto di relazioni e di organizzazione politica.
Infine, per questo lavoro di rilancio del tesseramento abbiamo bisogno non solo di uno scatto organizzativo ma di un recupero d’identità, di motivazioni, di senso del partito. Abbiamo bisogno di questo recupero, non certo con l’idea del partitino ideologico avvitato su se stesso, incapace di slancio politico, ma  tenendo insieme autonomia e unità, partito e schieramento alternativo, pensiero comunista e agire politico concreto, in rapporto stretto con i movimenti e i conflitti di società. In tutto ciò non solo non pensiamo neanche lontanamente di metterci in liquidazione. L’obiettivo che ci poniamo è di fare un salto in avanti, di farlo parimenti ad una scelta di apertura e di unità con le forze antiliberiste, stando in relazione con energie, soggettività, movimenti che sono fuori di noi. Per dire dell’importanza del lavoro che ci attende prendo a prestito le parole del compagno Gianni Alasia, scomparso pochi mesi fa, tratte dal suo bel libro “partito amato amaro partito”: “ho sempre creduto e tuttora credo al ruolo del partito, ruolo positivo che dà corpo alle idee, le fa camminare con le gambe e le teste di più uomini e donne”. Ecco per l’appunto ciò che dobbiamo fare. Dobbiamo cercare di dotarci di tante gambe e tante teste, accrescere la nostra soggettività militante per andare avanti e avere la possibilità di combattere con più incisività la nostra battaglia politica. Completiamo il tesseramento 2015, rilanciamo sul 2016.  Diamoci quest’obiettivo per affrontare al meglio il tema del rafforzamento del  partito e della sua presenza nella società.
*segreteria nazionale Prc-Se – responsabile organizzativo

RIPARTIAMO! Assemblea nazionale di Firenze dei Segretari e delle Segretarie di Rifondazone Comunista

17 Set

snapshot2Note introduttive di Ezio Locatelli*

“Organizzatevi perché avremo bisogno di tutte le vostre forze” (Antonio Gramsci sul primo numero de L’Ordine Nuovo, primo maggio 1919)
Saluto le compagne e i compagni, lo faccio con molto calore guardando a questa presenza numerosa, tanto più significativa in quanto non dettata da obblighi di mandato ma dimostrazione di una volontà politica. Guardando a questa partecipazione credo anche che abbiamo centrato il titolo di questa festa e di questo incontro – Ripartiamo! – che non vuole essere semplicemente una esortazione, un appello al volontarismo. L’idea è quella di un nuovo inizio, della possibilità di lavorare ad una prospettiva ricostruttiva: ricostruttiva degli elementi di originalità, di autonomia, di diversità di una forza comunista e, insieme,  ricostruttiva di un campo largo della sinistra. Una possibilità che c’è in rapporto non soltanto ad una radicalizzazione degli elementi di crisi e degli squilibri sociali ma ad una ripresa  di movimenti conflittuali che può ridare slancio alla nostra azione politica.
Nel dire questo, ovviamente, abbiamo ben presente di uno scenario a più sfaccettature. Una di queste sfaccettature dice di una crisi dei paradigmi dominanti quali l’austerità e la competizione che va di pari passo al dispiegamento di una volontà di potenza e di distruzione dei diritti del lavoro e di cittadinanza, degli statuti sociali, degli spazi di democrazia. Quanto accaduto in Grecia, l’imposizione di un accordo capestro (un vero e proprio colpo di stato) contro un popolo e un governo di sinistra che più di tutti, nell’isolamento più totale, hanno provato a rovesciare le politiche di austerità, è solo la punta di un iceberg di una politica di spoliazione portata avanti in tutta Europa. Di una politica resa possibile – questo a me sembra il punto fondamentale di giudizio – da uno squilibrio di forze in campo. Questo squilibrio ha reso ancora più evidente  l’impossibilità di praticare la via della giustizia sociale in un Paese solo. Se come ha detto un alto dirigente di Syriza “i nostri avversari hanno vinto una battaglia ma la guerra continua” allora diventa indispensabile  l’allargamento della lotta alle politiche di austerità, della lotta di classe nei diversi Paesi, lo diventa non dividendosi ma rimanendo uniti. La qual cosa ci riporta anche e soprattutto ai nostri compiti e alle nostre responsabilità.
Da più parti è stato giustamente rilevato che quello che abbiamo di fronte è un capitalismo finanziario globale con una vocazione totalitaria. Una forma di capitalismo che rivela una incompatibilità di fondo con ogni forma di sovranità democratica. Detto ciò penso che sarebbe sbagliato vedere in questa regressione solo una manifestazione di forza, una barbarie neoliberista, e non il riflesso di una crisi di egemonia, la reazione ad una crisi di credibilità e di carenza di risultati. Una difficoltà a cui si è cercato di rimediare (da parte della Germania) in qualche modo con l’operazione di immagine sui profughi, operazione che non può rimuovere in alcun modo l’altro capitolo di un fallimento: la globalizzazione come saccheggio neocoloniale delle risorse. La brutalità della soluzione di forza imposta alla Grecia dice anche questo, di una difficoltà, di una caduta di credibilità dei padroni dell’Europa in una fase che non è più espansiva ma di grande instabilità, di crisi dei processi di accumulazione capitalistici. Mi rifaccio alle parole di Ulrich Beck efficacissimo, poco prima della sua scomparsa, nel descrivere ciò che stava accadendo nel bel mezzo di una crisi destinata ad autoalimentarsi, a durare nel tempo in ragione delle restrizioni che essa stessa imponeva:”Questa crisi sta distruggendo il credo di un sistema”. Io credo che questa sia, precisamente, la chiave di lettura del processo in atto: un distacco di senso comune in conseguenza del crollo di autorità e di presa sociale di un sistema che disconosce qualsiasi principio di giustizia e solidarietà.
Per tutte queste ragioni penso che al di là delle battute d’arresto, delle operazioni di immagine, dell’ultima battaglia persa in Grecia, non siamo ad alcun processo di normalizzazione. Al contrario, tanti segnali dicono che siamo soltanto all’inizio di un’ondata di contestazioni destinate ad allargarsi a macchia d’olio anche nel nostro Paese. Le lotte, le manifestazioni, gli scioperi che ci sono stati negli ultimi mesi, ultime in ordine di tempo le mobilitazioni in difesa della scuola pubblica, ci dicono che siamo arrivati ad un punto in cui le scelte di governo – un governo che incarna perfettamente il punto di vista dei mercati finanziari  – si fanno più chiare. In molti cominciano a rendersi conto che la strada seguita per l’uscita dalla crisi, peggio che ai tempi di Berlusconi, è una strada non solo priva di riscontri positivi ma che sta facendo danni a non finire sul piano della democrazia, dei diritti sociali, del lavoro. Una strada destinata a sollevare un’onda critica di massa. Certo, il problema è anche e soprattutto come riuscire a unificare e dare identità alternativa a forze che di per sé vivono una condizione di frammentazione e spoliticizzazione.
Credo che noi siamo in un passaggio ambivalente per quanto riguarda i possibili sbocchi delle contraddizioni aperte, ma per l’appunto in ragione di questa ambivalenza, anche un passaggio che può riaprire spazi politici. Io credo che al nostro interno, tante volte, vi è una discussione ancora troppo riferita al quadro preesistente, al quadro della sconfitta, della passivizzazione di massa. Rispetto a quel quadro che ha variato in negativo la nostra soggettività permangono sì tante difficoltà. Ma detto ciò, alla base del cambio di passo di cui abbiamo parlato nella nostra Conferenza di Organizzazione, vi è la ripresa di una dinamica di movimento per la quale torna possibile il formarsi di una soggettività critica, torna possibile agire non più solo la resistenza ma il tema del cambiamento. Relativamente a questa possibilità va ridefinito il nostro modo di fare politica. Utilizzo le parole di Aldo Bonomi per mettere a fuoco questa necessità:“ se la statualità è sempre più artefice e garante del capitalismo mercantile e sempre meno centro redistributivo delle risorse la funzione di un partito cambia”. Cambia, aggiungo, anche in considerazione di un quadro politico che tende a sospingere fuori tutto ciò che non è assimilabile al determinismo di mercato. Una politica di esclusione che fa rinascere la destra populista, la destra sociale.
Sia chiaro: noi dobbiamo evitare il rischio di farci rinchiudere in un recinto protestatario, di sprofondare nell’autonomia del sociale ragion per cui non si tratta di disconoscere l’importanza della dimensione istituzionale, della rappresentanza politica, dimensione che dobbiamo riguadagnare. Il problema è un altro: la rimessa in primo piano, cos’ come deve essere per una forza di trasformazione, del nostro rapporto con la società civile e i luoghi di lavoro. In ciò noi rimaniamo ancorati a una delle lezioni fondamentali di Antonio Gramsci secondo il quale il luogo storico della rivoluzione è sempre la società civile
Ecco perché rispetto alla deriva omologante che ha imperversato anche a sinistra  – una idea riduttiva della politica incentrata sulla dimensione elettorale, sulla sfera separata dei rapporti istituzionali e sulle risorse che essa garantiva: gruppi e competenze istituzionali, visibilità mediatica, finanziamento pubblico, ecc. –  va attuato un rovesciamento di visione e di impegno: la priorità deve tornare al partito strumento per cambiare la società. Noi dobbiamo lavorare in questa direzione, cercando di far diventare tutta una serie di difficoltà contingenti, legate ai meccanismi di esclusione istituzionale, stimolo per una scelta di fondo: quella di tornare ad essere un corpo vivo ed operante. Obiettivo che necessita di una rimessa in moto di tutte le riserve di energia attualmente a disposizione ma, oltre a ciò, di una innovazione del modello di organizzazione.
Su questo punto abbiamo fatto una conferenza di organizzazione che ha prodotto un documento e riflessioni di grande utilità cui fare riferimento. In questa sede mi limito a dire della necessità che abbiamo di ristabilire il nesso “teoria – pratica”. Abbiamo già detto di una crisi che ha ricadute materiali pesantissime in termini di disoccupazione, riduzione dei redditi, consumi, tutele sociali. A fronte di questa situazione non è più possibile rimanere sul piano della mera denuncia e propaganda.  Tanto più se vogliamo dare dimostrazione di una diversità politica: i comunisti, le comuniste non sono quello che dicono ma quello che fanno. Da qui l’esigenza di stare sul terreno, oltre che del conflitto sociale, dei bisogni fondamentali, delle aspettative sociali con pratiche solidaristiche, mutualistiche, di autorganizzazione concreta a difesa dei diritti e della dignità delle persone. Chiamiamole pratiche del partito sociale o in altro modo – io le chiamo risposte di comunismo allo stato pratico – sapendo anche di pratiche necessarie per ricostruire legami sociali, processi di sensibilizzazione e soggettivazione politica.
Nel dire di questa ridefinizione del modo di fare politica sappiamo bene di dover fare i conti con un problema, non di pronta soluzione, rappresentato dalla consistenza e dalla disponibilità contenuta di compagne e compagni, di quadri politici. In questo, bisogna saperlo, non esistono formule organizzative costruite a tavolino in grado di risolvere i nodi fisiologici che accompagnano la condizione di esistenza di un partito. Vi è un salto di qualità che si nutre dell’attenzione quotidiana, giorno dopo giorno, ai problemi dell’organizzazione, della partecipazione dei compagni, del funzionamento dei Circoli. Altro che chiedere congressi straordinari ad ogni piè sospinto. Qui c’è la necessità di una presa in carico delle responsabilità che competono a ognuna e ognuno di noi. Ciò che dobbiamo e possiamo fare è lavorare di più sulla nostra soggettività, sulla nostra capacità di direzionalità diffusa.
Rispetto alle indicazioni emerse in sede di Conferenza di organizzazione, al pacchetto d’insieme delle cose da fare penso che vadano individuate delle priorità che sono basilari, che reggono l’impianto organizzativo del nostro partito. Queste priorità sono contenute nell’ordine del giorno approvato in occasione dell’ultima direzione nazionale. Richiamo alcuni passaggi:
1) Il bisogno che abbiamo di organismi motivati, qualitativamente in grado di far funzionare l’intero partito, di garantire un costante flusso di proposte, di produrre sollecitazioni. Per quanto ci riguarda più direttamente noi abbiamo fatto una scelta: quella di andare alla costituzione di un ufficio organizzativo grazie alla disponibilità di compagne/i volontari. Non un organismo burocratico ma di lavoro: l’organizzazione e la riorganizzazione del partito in un rapporto più puntuale con i regionali, con le federazioni a cui chiediamo di fare la loro parte, di  individuare in maniera più puntuale responsabilità e disponibilità che stiano in una relazione propulsiva con i rispettivi territori;
2) la necessità di un rafforzamento della rete dei nostri iscritti, questione basilare per l’esistenza e il sostentamento del nostro partito. Di un partito che pure indebolito, dopo anni di sconfitte e di disorientamento diffuso, rimane uno strumento tutt’altro che irrilevante ai fini della battaglia politica e dell’evoluzione dei processi unitari a sinistra. Il dato del versamento del 2xmille, a dir poco straordinario, molto al di là di qualsiasi aspettativa, dice di un partito che c’è, di una base importante di simpatia e di sostegno. Una clamorosa smentita di chi, con in testa altri lidi, ci voleva far credere di una Rifondazione Comunista esaurita, finita, al capolinea. Nel lavoro di prima ricognizione che abbiamo fatto, con i segretari provinciali e i responsabili del tesseramento, abbiamo ricavato un’impressione netta: l’esistenza di non pochi margini di recupero rispetto alla condizione di sfilacciamento di questi ultimi anni. Non pochi sono gli iscritti persi per strada più che per ragioni politiche per imperizia, noncuranza, mancato coinvolgimento. Ancor oggi ci sono realtà che di fatto non hanno ancora iniziato il tesseramento. Ma detto ciò basta con l’autolesionismo. Per questo chiedo di uscire da questo incontro con l’impegno di un recupero dei ritardi che ci sono a livello di alcuni territori.  E insieme a ciò l’impegno di prestare più attenzione alla promozione di una nuova generazione di iscritte/i. Obiettivo:  migliorare la fisionomia di una base del partito che in tutta una serie di realtà – lo dico con grande senso di rispetto –  è una base vecchia e poco militante. I segnali positivi non mancano come dimostra il numero triplicato di richieste di adesioni online, per lo più di giovani. Segnali che  vanno raccolti dando il senso di una maggiore apertura, di maggiore considerazione per lo sguardo sul mondo che hanno le nuove generazioni, per il loro bisogno di un mutamento praticato di contro a una certa idea della politica come cosa separata (importante sarà la Conferenza dei Giovani Comunisti del 24/25 ottobre). Usciamo da questa assemblea con una indicazione di lavoro: oltre a una ripresa del tesseramento per linee interne (i contatti con i compagni, le feste di tesseramento, ecc.), disponiamoci per il secondo fine settimana di ottobre per una campagna politica rivolta all’esterno, da organizzare in tutte le principali piazze con gazebo, mostre, distribuzione di materiale, comizi volanti in cui porre esplicitamente la questione dell’adesione al Partito della Rifondazione Comunista;
3) la necessità di un miglioramento dei nostri canali di comunicazione interna ed esterna. Non ci basta fare tante cose. Bisogna che le cose che facciamo diventino oggetto di conoscenza, di attenzione. Noi non dobbiamo rinunciare alla battaglia per una informazione corretta, per guadagnare l’accesso ai mass media contro il clima di censura che colpisce il nostro partito. Ma oltre a ciò va detto di un  problema tutto nostro, di nostra iniziativa di informazione, di comunicazione. Sia chiaro noi non pensiamo alla comunicazione come sostituto dell’azione (il partito di aria fritta e di soli comunicati stampa, tanto per capirci) ma come necessità di uscire dal limite della notizia per poche persone, come necessità di dare risonanza al lavoro politico. Per questo chiediamo che ogni realtà si doti di strumenti di collegamento, di informazione, di attivazione politica.  Anche a livello nazionale vanno  potenziati i nostri canali di comunicazione cominciando dalle cose minime, non per questo meno impegnative. Va fatto un lavoro di raccolta, aggiornamento, informatizzazione dei nostri indirizzari. Lavoriamo all’uscita di  una testata online nazionale;
4) la predisposizione di una politica dell’autofinanziamento. Accanto alle cose che tradizionalmente si sono fatte o che si dovranno tornare a fare  (le sottoscrizioni,  raccolta dei RID,  le feste di partito – là dove non si fanno feste di partito locale se ne faccia almeno una a livello regionale –  e quant’altro) penso che dobbiamo estendere alcune esperienze positive – per esempio i centri di assistenza fiscali – che, in collaborazione con associazioni, possono essere giocate sul doppio versante del sostentamento del partito a livello locale e nazionale. Così come dobbiamo predisporci, ad un’opera sistematica di pubblicizzazione, di presa di contatto con associazioni e Caf vari volta ad allargare la platea di riferimento riguardo il versamento del 2xmille per il nostro partito;
5) la programmazione di momenti di formazione, su cui troppo poco si è investito, presi dalla necessità di dover stare sul piano della quotidianità politica.  Va bene che si stia su questo piano ma non a scapito dell’innalzamento della capacità critica delle compagne e dei compagni.  Ai regionali va chiesto di mettere in campo un’attività formativa che abbia come riferimento risorse e responsabilità messe a disposizione del partito nazionale;
6) la riorganizzazione delle nostre sedi politiche – dove non abbiamo sedi individuiamo altri spazi pubblici– in funzione del rilancio del partito come strumento di battaglia politica e di organizzazione sociale con al centro i temi del lavoro.  Facciamo in modo che le nostre sedi, oltre che sedi politiche, diventino luoghi di riferimento utili per le lavoratrici e i lavoratori, i pensionati, i migranti, i soggetti più deboli colpiti dalla crisi. Impegniamoci a costruire sportelli sociali, per il diritto alla casa, i diritti dei migranti, gruppi di acquisto popolari, centri di assistenza fiscale, centri ricreativi culturali e tutto ciò che può contribuire a rendere vitale e attrattiva la nostra presenza politica. Vorrei citare a questo proposito le parole di una signora licenziata poco tempo fa, con figlio invalido a carico,  per la quale abbiamo bloccato questa settimana uno sfratto esecutivo grazie ad un presidio di Rifondazione Comunista. Questa signora tra gioia e lacrime ci ha detto: “diversamente da mia madre che era comunista io non mi sono mai interessata a nulla. Adesso, vedendo quello che avete fatto questa mattina, ho capito cosa vuol dire essere comunisti, ho visto  voi come miei fratelli e sorelle”. Ecco penso che in virtù di una azione dobbiamo ambire a far diventare questo pensiero senso comune.
Per finire, tutte queste questioni vanno affrontare non certo con l’idea, del tutto campata in aria, dell’autosufficienza. Crollato il campo politico della sinistra molte questioni sono cambiate. Una di queste è molto semplice, attiene all’intorno sociale e politico, all’acqua in cui nuotiamo, a un problema di efficacia  politica.  Nuotare all’asciutto o in un bicchiere d’acqua non conviene. Ecco perché insieme alla riorganizzazione di Rifondazione Comunista il tema cruciale è quello della ricostruzione di uno spazio politico della sinistra italiana. Noi dobbiamo contribuire attivamente alla ricostruzione di questo spazio stando in relazione con tutto ciò che a sinistra e nei movimenti si muove in alternativa al neoliberismo
Ultima questione: la necessità di un miglioramento del clima politico interno. Abbiamo attraversato anni di disorientamento e di crisi della politica che hanno indotto alla divisione. A fronte del blocco delle forze dominanti, che lavora per questa divisione, noi dobbiamo decidere se anteporre la ricerca dell’unità, della coesione delle nostre forze oppure se avvallare la strategia dell’avversario: dividi et impera. Per questo la discussione libera a cui siamo chiamati non può che essere rispettosa delle regole di vita interna, mirare sempre al merito e ai contenuti politici senza settarismi, esasperazioni, particolarismi il cui unico risultato è di intaccare il senso di appartenenza a una comunità politica cui facciamo tutte e tutti facciamo parte, senza esclusioni di sorta, in quanto liberamente comuniste e comunisti! Aggiungo: senza mai dimenticare che la nostra alterità vera, oltre che sul piano della linea, risiede nella pratica politica, nelle lotte che promuoviamo, nelle idealità che suscitiamo. Questo è il carattere dell’impegno che dobbiamo portare avanti.
Chiudo col dire che nella traccia di lavoro che abbiamo proposto vi sono molte caselle vuote che dovranno essere riempite con la discussione e l’agire politico. Come diceva il poeta Antonio Machado “il cammino dell’emancipazione si fa solo camminando”. Siamo tornati quest’anno a fare la nostra festa nazionale in una città importante come Firenze dove da cinque o sei anni non si facevano feste. Anche questo parla della volontà di riprendere un cammino per il rilancio di Rifondazione Comunista e insieme dell’unità della sinistra. Insomma care compagne e compagni “Ripartiamo!”.  E con questo spirito che auguro a ognuna e ognuno di noi e a tutto il partito un buon lavoro di riflessione, di ripresa dell’impegno e dell’iniziativa politica.

*segreteria nazionale Prc-Se, responsabile organizzativo

Firenze, 13 settembre 2015

Dalla Festa Nazionale di Rifondazione Comunista il segnale d’una ripartenza

17 Set

12004870_1028362967198308_3963584974753411196_ndi Ezio Locatelli*

Possiamo dirci senz’altro soddisfatti.  La Festa nazionale di Rifondazione Comunista si è chiusa ieri sera, in bellezza, con un risultato politico, di partecipazione ed anche economico del tutto positivo. Doppiamente positivo visto che, dopo alcuni anni di assenza, siamo tornati a fare una festa nazionale, preceduta da alcuni giorni di festa provinciale, in una città importante come Firenze.

Tante persone, tanti compagne e compagni venuti un po’ da  tutta Italia, isole comprese, hanno animato un clima di convivialità e di intenso dibattito politico. Non solo c’è stata buona partecipazione a tutti i momenti pubblici, di confronto aperto sui tanti temi di attualità, lavoro, scuola pubblica, Europa, Sinistra e quant’altro. Il dato importante è stata la partecipazione attenta di compagne e compagni del partito, e non solo, ai  numerosi seminari di formazione e di lavoro che si sono svolti nell’ambito della festa. Così come importante è stata la partecipazione  e la  discussione all’assemblea dei segretari e delle segretarie di domenica. Un’assemblea contraddistinta, nella stragrande parte dei presenti, da una tensione positiva, da una ricerca costruttiva. Tanta voglia di scrollarsi di dosso l’immagine di partito ripiegato su se stesso. Tanta voglia di aprire un nuovo capitolo di ragionamento e di impegno per quanto riguarda il rilancio del Partito della Rifondazione Comunista, della sua presenza e iniziativa politica e, insieme, la volontà di aprire una fase nuova riguardo la costruzione di un campo largo della sinistra. Indubbiamente la festa di Firenze ha rappresentato, in particolar modo per chi vi ha partecipato, una bella sferzata di autostima, a cui il segretario di Rifondazione Comunista, Paolo Ferrero, non ha mancato di dare il suo contributo nel  comizio finale e, prima ancora, nei diversi passaggi di discussione che ci sono stati. “Ripartiamo!”, è il titolo che abbiamo dato a  questa bella festa che si è tenuta con il contributo fondamentale, decisivo dei compagni e delle  compagne e del nuovo (e giovane) gruppo dirigente di Firenze. A loro, innanzitutto, va il nostro sentito ringraziamento.  Da oggi, quello che sembrava essere poco più che un auspicio, un titolo propagandistico è diventato un pezzo di realtà che sta nella testa di  tante compagne e compagni che non hanno rinunciato o  che stanno tornando “al lavoro e alla lotta politica”. In molti lo stanno facendo, lo stiamo facendo, con il senso di appartenenza ad una comunità politica, quella del Partito della Rifondazione Comunista, cui tutte/i noi vi facciamo parte – com’è stato fin dalla nascita politica –  in quanto liberamente comuniste e comunisti impegnati, non a parole, ma nella quotidianità della battaglia politica e del cambiamento sociale. Torniamo a questa battaglia contro le politiche neoliberiste di austerità, contro la distruzione dei diritti del lavoro e  di cittadinanza, degli statuti sociali, degli spazi di democrazia.Facciamolo col senso di una ripartenza, ridando slancio alla nostra azione politica, nel segno dell’autonomia e dell’unità.

*segreteria nazionale Prc-Se- responsabile organizzazione